Senza la motivazione circa la particolare gravità della condotta lesiva l'Agenzia delle Entrate non è legittimata all'emissione anticipata dell'avviso di accertamento. Così la Corte di Cassazione, con l'Ordinanza n. 32081 del 9 dicembre 2019.
La particolare gravità della condotta del contribuente, che ha utilizzato fatture per operazioni inesistenti, non legittima l’avviso di accertamento anticipato se l’Amministrazione finanziaria non motiva in concreto in cosa consiste la particolare gravità della condotta lesiva delle ragioni erariali poste in essere dalla società.
Così ha deciso la Corte di Cassazione che, con l’Ordinanza n. 32081/2019, ha accolto il ricorso della società.
- Corte di Cassazione - ordinanza n. 32081 del 9 dicembre 2019
- L’avviso di accertamento anticipato è illegittimo se manca la motivazione dell’Agenzia delle Entrate circa la particolare gravità.
La Sentenza - Il giudizio verte sull’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per motivi di urgenza prima della scadenza dei sessanta giorni decorrenti dalla conclusione della verifica fiscale.
In particolare l’Ufficio aveva proceduto ad emettere in anticipo l’atto impositivo, recante il recupero a tassazione dei maggiori redditi conseguiti per effetto del disconoscimento di alcune fatture per operazioni inesistenti, sul presupposto che la particolare gravità della condotta lesiva delle ragioni erariali poste in essere dalla società accertata potesse costituire una ragione di urgenza.
La CTR, in linea con la CTP, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate riconoscendo la gravità del motivo d’urgenza alla base dell’accertamento anticipato.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società, che ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della legge 212/2000 per non aver la CTR motivato sull’esistenza dei motivi di urgenza dedotti, né argomentato sulla validità o meno delle doglianze mosse dall’ufficio in relazione a questi motivi.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
Sul tema la Corte di cassazione ha già precisato che
“la legge n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nel prevedere che l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvi i casi «di particolare e motivata urgenza» impone un termine per l’esercizio dell’azione amministrativa piuttosto che un obbligo di motivazione circa il requisito dell’urgenza nell’emissione, anticipata, dell’atto impositivo.”
In altre parole, in presenza di casi di urgenza, l’effetto derogatorio opera a prescindere dalla sua esternazione all’interno dell’atto impositivo, che non è richiesto né dallo Statuto dei diritti del contribuente, né da altre specifiche disposizioni.
Ovviamente, in presenza di contestazione da parte del contribuente, sarà onere dell’Ufficio documentare la sussistenza in concreto delle ragioni dell’urgenza e provare che:
“l’inosservanza del termine dilatorio non sia dovuta a inerzia o negligenza, ma ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento ovvero abbiano reso difficoltoso con il passare del tempo il pagamento del tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine.”
L’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”.
Il termine dilatorio, infatti, è posto per consentire lo svolgimento del contraddittorio procedimentale, che costituisce primaria espressione dei principi di collaborazione e buona fede tra Amministrazione finanziaria e contribuente ed è diretto a migliorare e rendere più efficace l’esercizio della potestà impositiva.
La violazione, quindi, non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata,
“bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.”
Nel caso di specie il giudice di merito non ha dato corretta attuazione a tali principi perché, se da un lato, ha ravvisato nel corpo dell’avviso di accertamento l’indicazione di ragioni di urgenza individuate “nella particolare gravità della condotta lesiva delle ragioni erariali poste in essere dalla società”, dall’altro non ha accertato nel concreto in cosa si fosse manifestata tale condotta lesiva.
A tale valutazione provvederà il giudice del rinvio a seguito della cassazione della decisione impugnata.
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