Il lavoratore ha diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione, ma a chi spettano i diritti patrimoniali sull'opera creata? Vediamo quali sono le diverse ipotesi previste dalla legge.
Di norma il diritto a chiedere il rilascio del brevetto spetta all’autore dell’invenzione.
La disciplina delle invenzioni del prestatore di lavoro deroga a questa regola generale. Vediamo in che modo.
Le invenzioni del lavoratore dipendente: il diritto di paternità
Il riferimento normativo di carattere generale è rappresentato dall’art. 2590 del Codice Civile, secondo cui:
"Il prestatore di lavoro ha diritto ad essere riconosciuto autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro. I diritti e gli obblighi delle parti relativi all’invenzione sono regolati dalle leggi speciali"
La norma si limita a disciplinare il diritto di paternità sull’invenzione, ossia il diritto, inalienabile e imprescrittibile, di esserne riconosciuto come autore, rinviando alle leggi speciali la regolamentazione dei diritti e degli obblighi delle parti relativi all’invenzione.
Le invenzioni del lavoratore dipendente: il diritto di brevetto
Il Codice della Proprietà industriale, all’art. 64, distingue tre diverse situazioni, a seconda della tipologia di invenzione:
- Invenzione di servizio: quando l’invenzione è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d’impiego, in cui l’attività inventiva è prevista come oggetto del rapporto, e a tale scopo retribuita, titolare del diritto di brevetto è il datore di lavoro, mentre all’autore del trovato è riservato il diritto di esserne riconosciuto autore (art. 64, comma 1, CPI).
In questa ipotesi il compenso per l’invenzione coincide con la retribuzione mensile percepita dal lavoratore. I diritti di utilizzazione economica appartengono invece a titolo originario al datore di lavoro.
Tale previsione è giustificata dal fatto che l’invenzione è frutto non solo dell’apporto creativo del singolo lavoratore, ma anche (e in qualche caso, soprattutto) dal contesto organizzativo (strumenti, procedure, idee) in cui opera e che è predisposto dal datore di lavoro.
Di conseguenza, anche in caso di accertata nullità del contratto di lavoro, se vi è stata effettiva esecuzione del rapporto (art. 2126 c.c.) e dunque la fruizione da parte dell’inventore dell’ambiente predisposto dal datore di lavoro, si applica la norma in esame.
- Invenzione d’azienda: qualora non sia prevista una retribuzione in compenso dell’attività inventiva, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, ma all’inventore, salvo sempre il diritto di essere riconosciuto come tale, spetta un equo premio, per la determinazione del quale si terrà conto dell’importanza della protezione conferita all’invenzione dal brevetto, delle mansioni svolte e della retribuzione percepita dall’inventore, nonché del supporto tecnico che questi ha ricevuto dall’organizzazione aziendale (art. 64, comma 2, CPI).
L’equo premio risponde alla logica di indennizzare il dipendente espropriato del diritto di utilizzazione economica e deve essere determinato in base all’importanza dell’invenzione.
Ai fini della liquidazione del premio non è però sufficiente stabilire il valore economico del prodotto creativo (che va desunto anche dagli utili semplicemente prevedibili, in relazione al tipo di attività esercitato dall’impresa), ma occorre tenere conto anche di altri fattori, quali la retribuzione percepita dal dipendente in relazione al tempo impiegato per conseguire il risultato inventivo, il tipo di attività svolta dall’inventore e il contributo aziendale al conseguimento dell’invenzione.
- Invenzione occasionale: questa fattispecie esclude qualsiasi rapporto tra l’attività inventiva e la prestazione lavorativa.
Si parla anche di invenzione “libera” o “spontanea” in quanto non realizzata in esecuzione o adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro, ma al di fuori dell’orario di lavoro nonché con mezzi, materiali, nozioni e informazioni non appartenenti al patrimonio aziendale (art. 64 comma 3, CPI).
L’unico elemento di collegamento è il fatto che l’invenzione si colloca nello stesso “campo di attività” dell’azienda privata o della pubblica amministrazione cui è addetto l’inventore.
In questo caso i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al dipendente-inventore.
Le invenzioni del lavoratore dipendente: diritto di opzione per l’uso al datore di lavoro
Al datore di lavoro è riconosciuto, invece, il diritto di opzione per l’uso, esclusivo o non esclusivo dell’invenzione o per l’acquisto del brevetto, nonché per la facoltà di chiedere od acquisire, per la medesima invenzione, brevetti all’estero a fronte di corresponsione del canone o del prezzo, da fissarsi con deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuti dal datore di lavoro per pervenire all’invenzione.
Il diritto di opzione ha comunque durata limitata, in quanto va esercitato entro tre mesi dalla data di ricevimento della comunicazione dell’avvenuto deposito della domanda di brevetto.
Quanto alla coincidenza cronologica tra invenzione e rapporto di lavoro si fa riferimento all’art. 64, comma 6, CPI, secondo cui:
“Si considera fatta durante l’esecuzione del contratto o del rapporto di lavoro o d’impiego l’invenzione industriale per la quale sia chiesto il brevetto entro un anno da quando l’inventore ha lasciato l’azienda privata o l’amministrazione pubblica nel cui campo di attività l’invenzione rientra”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Le invenzioni del lavoratore dipendente e il diritto di brevetto