Maternità, il periodo di astensione dal lavoro in caso di congedo anticipato decorre di norma dal provvedimento autorizzativo e non dalla domanda, ma non sempre. Questo ed altri chiarimenti sull'inizio dell'interdizione e la durata arrivano dall'INL con la nota n. 1550 del 13 ottobre 2021.
Maternità, dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro i chiarimenti sulla durata e l’inizio dei periodi di astensione dal lavoro in caso di interdizione anticipata e post partum.
Con la nota numero 1550 del 13 ottobre 2021 l’INL risponde a due differenti quesiti riferiti alle procedure di rilascio dei provvedimenti di maternità.
Il primo chiarimento riguarda l’inizio del periodo di congedo per le madri lavoratrici che svolgono mansioni particolarmente pensanti e pericolose o che abbiano una gravidanza a rischio.
La maternità obbligatoria dura cinque mesi fruibili prima o dopo il parto. In presenza di determinate condizioni, si aggiunge il congedo anticipato. Anche durante questo periodo, come nel caso del congedo ordinario, la lavoratrice riceve un’indennità dall’INPS pari all’80 per cento della retribuzione.
Sul punto, il documento di prassi ribadisce la regola generale secondo cui il periodo di congedo anticipato decorre dalla data di adozione del provvedimento autorizzativo, salvo casi particolari in cui l’astensione inizia dal momento della presentazione della domanda.
Il secondo chiarimento, invece, riguarda la corretta applicazione della regola per cui i giorni antecedenti la data presunta del parto non goduti vanno aggiunti al periodo di congedo post partum, anche in caso di parto prematuro.
Maternità anticipata, quando inizia e quanto dura il periodo di astensione dal lavoro?
L’astensione dal lavoro in caso di congedo anticipato decorre dalla data di adozione del provvedimento da parte dell’Ispettorato emanato entro 7 giorni dalla ricezione della domanda.
Questa è la regola generale riportata dalla nota n. 1550.
Il medesimo documento di prassi, però, ricorda che esiste una sola ipotesi in cui il periodo di astensione inizia immediatamente. Si tratta di quella prevista dall’art. 18 del D.P.R. n. 1026/1976 che stabilisce:
“Ferma restando la facoltà di successivi accertamenti, l’Ispettorato del lavoro può disporre immediatamente l’astensione dal lavoro allorquando il datore di lavoro, anche tramite la lavoratrice (…), produca una dichiarazione di quest’ultimo nella quale risulti in modo chiaro, sulla base di elementi tecnici attinenti all’organizzazione aziendale, la impossibilità di adibirla ad altre mansioni”.
Questo è l’unico caso in cui l’astensione è immediata senza che ci sia bisogno, quindi, di attendere il provvedimento autorizzativo.
Si ricorda che la maternità anticipata, diversa dal congedo obbligatorio che vale per qualsiasi gestazione, adozione o affidamento di minore, può essere concessa sulla base di accertamenti medici effettuati dal Servizio Sanitario Nazionale nei casi seguenti:
- in presenza di gravi complicanze della gravidanza o preesistenti patologie che possono essere aggravate dallo stato di gestazione (gravidanza a rischio);
- nelle ipotesi in cui le condizioni di lavoro della gestante, incluse le condizioni ambientali, possono inficiare sulla salute della donna o del bambino;
- quando la gestante svolge un lavoro di trasporto e sollevamento pesi o quando svolge un lavoro pericoloso, faticoso e insalubre e non può essere spostata ad altre mansioni compatibili con lo stato di gravidanza.
Congedo di maternità: recupero giorni non goduti prima del parto
Con riguardo alla maternità obbligatoria i cinque mesi di astensione, distribuiti a cavallo tra prima e dopo il parto, devono essere fruiti interamente. Se dopo il parto, per esempio, rimangono due mesi non utilizzati perché prima se ne sono goduti solo tre, sarà obbligatorio sfruttarli tutti e tre.
Stesso meccanismo si applica al parto prematuro: i giorni antecedenti la data presunta del parto non goduti vanno aggiunti al periodo da fruire dopo il parto.
La regola, specifica l’INL, trova applicazione anche nelle ipotesi di interdizione fino al settimo mese dopo il parto.
I casi sono quelli previsti dall’art. 7 del D. Lgs. n. 151/2001, che dispone il divieto di adibire la lavoratrice al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi faticosi ed insalubri successivamente al parto.
“(...) pertanto i giorni di congedo obbligatorio ante partum non fruiti si aggiungono al termine della fruizione dei sette mesi decorrenti dalla data effettiva del parto”.
Si legge nel documento di prassi con riferimento ai casi di interdizione dal lavoro successiva al parto disposta dall’Ispettorato in caso di lavori gravosi e pericolosi.
Durante il periodo di divieto, la lavoratrice deve essere adibita ad altre mansioni e, nel caso in cui ciò non fosse possibile, l’Ispettorato territoriale competente deve disporre l’interdizione dal lavoro per tutto il periodo di gravidanza e fino a 7 mesi di età del figlio.
Anche in questo caso nel provvedimento autorizzativo deve essere indicata la data effettiva del parto dalla quale decorrono i sette mesi di interdizione post partum ai quali sommare i giorni non goduti a causa del parto prematuro.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Maternità, quando inizia e quanto dura il periodo di astensione dal lavoro?