Quante tasse si devono pagare? Ok a elementi per i controlli anche dai social: la posizione di lettrici e lettori

Rosy D’Elia - Fisco

Il Fisco può prendere in considerazione anche i post pubblicati, ad esempio, su Facebook e Instagram per verificare il calcolo delle tasse dovute da cittadini e cittadine: è questa la posizione che mette d'accordo la maggior parte di coloro che hanno risposto al sondaggio sul tema. Le strategie anti evasione devono essere sempre più social, nonostante i nodi della privacy

Quante tasse si devono pagare? Ok a elementi per i controlli anche dai social: la posizione di lettrici e lettori

Strategie anti evasione anche tramite social? La maggior parte di lettori e lettrici di Informazione fiscale che hanno partecipato al sondaggio sul tema è d’accordo.

Anche da Facebook e Instragram possono arrivare gli elementi per verificare il calcolo di tasse e imposte dovute dai cittadini e dalle cittadine.

In ogni caso l’ipotesi dei controlli fiscali anche sui dati dei social network, che accende i riflettori sul tema della privacy, divide.

Quante tasse si devono pagare? Ok a elementi di calcolo e verifica anche dai social: il sondaggio IF

L’idea di utilizzare anche i post social per verificare il calcolo delle imposte dovute dai contribuenti pone un’esigenza di bilanciamento. Da un lato c’è la necessità di contrastare l’evasione fiscale, dal 2018 al 2020 la differenza tra gettito teorico ed effettivo ha superato i 96 miliardi di euro, dall’altro c’è la tutela dei dati personali.

E probabilmente è sulla prevalenza delle due forze in campo, contrasto all’evasione e salvaguardia della privacy, che lettrici e lettori di Informazione Fiscale si dividono rispondendo all’indagine diffusa nel mese di aprile:

  • la maggior parte, il 57 per cento, concorda su una campagna di controlli fiscali anche via social;
  • mentre un’altra parte consistente, che equivale al 43 per cento, pone il suo veto su questa forma di verifica.

Ma l’idea di utilizzare i social per verificare il calcolo di imposte e tasse dovute ha già dei contorni di concretezza.

La Francia, ad esempio, come sottolineato su queste pagine dall’autore Giovambattista Palumbo, già negli anni scorsi ha istituito un sistema di monitoraggio per confrontare le dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti persone fisiche con il loro reale tenore di vita per rintracciare eventuali elementi di incongruenza.

Ma anche in Italia si sta già lavorando in questo senso: a riaccendere di recente i riflettori sul tema è stato il viceministro all’Economia e alle Finanze Maurizio Leo che, a fine gennaio, soffermandosi sulle verifiche su professionisti e imprenditori e sull’elaborazione delle proposte di concordato preventivo biennale, ha parlato di un cantiere già aperto sulle strategie antievasione via social.

Stando alle dichiarazioni di Leo, è in corso un confronto con il Garante della privacy per valutare le modalità di utilizzo delle informazioni pubblicate dagli utenti su vacanze, ristoranti e altri elementi nel dialogo tra Fisco-contribuenti.

Già da anni si lavora in questo senso: il viceministro ha fatto riferimento alla tecnica del data scraping, ovvero della raccolta automatica dei dati, per recuperare informazioni utili dai social, una strategia già indicata nel 2022 dal Dipartimento delle Finanze tra le strade di risk management da percorrere mettendo in atto la riforma dell’amministrazione fiscale prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

E “il potenziamento dell’analisi del rischio, il ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea sulla tutela dei dati personali” hanno trovato posto anche nella legge delega della riforma fiscale che rappresenta la cornice teorica in cui il Governo si muove per adottare i decreti che, nella pratica, vanno a modificare il sistema tributario, anche dal punto di vista dei controlli fiscali.

Controlli fiscali anche via social? La ricerca di un equilibrio tra contrasto all’evasione e privacy

Secondo i dati pubblicati a febbraio 2024 da We are social, le persone attive sui social in Italia sono quasi 43 milioni. E l’occasione di recuperare elementi utili per il calcolo e la verifica delle imposte dovute è ghiotta.

Informarsi, occupare il tempo libero e rimanere in contatto con i propri cari sono le motivazioni principali più frequenti che spingono a utilizzare i social network. Ma nel 18,8 per cento dei casi a portare le persone su Instagram, Facebook e altre piattaforme è proprio la voglia di condividere contenuti sulla propria vita privata, di dire, per usare le parole del viceministro Maurizio Leo, “siamo stati a far le vacanze alle Maldive, siamo stati in quel particolare ristorante”.

Sono proprio gli elementi che spontaneamente gli utenti decidono di condividere e che il Fisco vorrebbe utilizzare per una verifica più accurata del tenore di vita e per rintracciare eventuali incongruenze nel calcolo delle imposte dovute.

E in realtà nei controlli fiscali via social non ci sarebbe nulla di particolarmente rivoluzionario.

Come sottolineato su queste pagine dall’esperto privacy Antonio Ciccia Messina, il concetto di “dati e notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza” che possono essere utilizzati come base per gli accertamenti fiscali, nel rispetto delle regole previste dal DPR numero 600 del 1973, segue i tempi e anche questo tipo di informazioni sono state ormai “sdoganate” in ambito giuridico.

Lo stesso concetto di privacy, d’altronde, è in continua evoluzione e fa i conti con la produzione di continui flussi informativi in cui non ci sono più distinzioni tra vita online e offline e i confini tra pubblico e privato si fanno sempre più sfumati.

La volatilità degli elementi in campo, però, non fa venir meno la necessità di bilanciare le esigenze di contrasto all’evasione con la tutela della privacy, tutt’altro.

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