Detrazione IVA: agevolazione per il controvalore effettivo dei servizi solo con il pagamento dell’imposta

Tommaso Gavi - IVA

Il diritto alla detrazione IVA per il controvalore effettivo dei servizi è legato al pagamento dell'imposta dovuta, anche successivo. Devono essere rispettati il principio di cartolarità e quello di neutralità dell'imposta

Detrazione IVA: agevolazione per il controvalore effettivo dei servizi solo con il pagamento dell'imposta

La detrazione IVA per il controvalore effettivo dei servizi spetta esclusivamente se c’è corrispondenza tra il valore della prestazione o del bene ricevuto concretamente e il corrispettivo dovuto.

Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello numero 426 dell’11 settembre 2023.

Devono essere rispettati il principio di cartolarità e quello di neutralità dell’imposta: il mero possesso della fattura non legittima il diritto a detrazione dell’IVA.

La regola vale anche nei casi in cui il ripristino non sia più possibile perché decorso più di un anno dalla data di emissione della fattura o per sopravvenuto accordo tra le parti.

Detrazione IVA: agevolazione per il controvalore effettivo dei servizi solo con il pagamento dell’imposta

Con la risposta all’interpello numero 426 dell’11 settembre 2023, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulla detrazione IVA per il controvalore effettivo dei servizi.

Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 426 dell’11 settembre 2023
Diritto alla detrazione del controvalore effettivo della prestazione di servizi, di cui all’articolo 19 del decreto IVA.

Lo spunto nasce dai quesiti posti dal contribuente, una società che ha stipulato un contratto di consulenza con un’altra società.

L’importo delle fatture emesse dalla seconda società è stato contestato dalla prima, attraverso il proprio rappresentante legale ed emissione di nota di credito (che non è stata mai emessa).

Al termine della definizione della controversia, entrambe le parti hanno pattuito l’obbligo di corrispondere una somma inferiore a quella iniziale, che non è stata mai pagata.

L’istante chiede quindi se può comunque portare in detrazione l’IVA della fattura iniziale.

L’Agenzia delle Entrate non condivide la soluzione proposta dall’istante e riepiloga il quadro normativo di riferimento.

L’articolo 168 della direttiva 2006/112/CEE, ovvero la direttiva IVA, che è stato recepito dall’articolo 19 del decreto IVA, autorizza il soggetto passivo a detrarre l’IVA “dovuta o assolta”.

In altre parole la detrazione spetta sia per l’IVA versata che per quella ancora da pagare.

Tuttavia, come precisato nel documento di prassi:

“il termine «dovuta» si riferisce infatti ad un debito tributario esigibile e presuppone quindi che il soggetto passivo abbia l’obbligo al versamento dell’importo dell’IVA che intende detrarre in quanto imposta a monte”

Di conseguenza il diritto alla detrazione IVA non è subordinato al previo pagamento dell’imposta.

Le regole, tuttavia, valgono nei casi in cui c’è “corrispondenza tra il valore del bene/prestazione concretamente ricevuta e il corrispettivo dovuto”.

Devono infatti essere rispettati i principi di cartolarità e di neutralità dell’IVA, sul cui rapporto sono intervenute in diverse occasioni la Corte di Cassazione e la Corte di Giustizia UE.

Detrazione IVA: i chiarimenti della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia UE

Per chiarire gli aspetti legati al principio di cartolarità e a quello di neutralità dell’IVA, l’Agenzia delle Entrate richiama l’ordinanza n. 7080 del 12 marzo 2020 della Corte di Cassazione.

Nell’ordinanza viene chiarito che:

“il destinatario della fattura non è legittimato a portare in detrazione l’IVA indebitamente fatturata, laddove non sussista o non venga ripristinato con procedura di variazione o ancora non sia possibile ripristinare la corrispondenza tra rappresentazione cartolare e reale operazione economica, fatta salva in ogni caso la ’’buona fede’’ del destinatario”.

Il soggetto che emette la fattura è obbligato al versamento dell’IVA, sulla base del principio di cartolarità.

Nel caso di errori devono essere utilizzate le apposite procedure per il ripristino della corrispondenza tra realtà economica e rappresentazione cartolare della stessa, così da consentire il versamento dell’importo corretto e il diritto alla detrazione IVA.

Sulla stessa linea si muovono i chiarimenti della sentenza C334/2020 del 25 novembre 2023 della Corte di Giustizia. La sentenza ribadisce che l’importo della detrazione IVA è determinato sull’importo effettivamente pagato dal soggetto passivo.

La detrazione non spetta, quindi, per l’IVA indebitamente versata a monte, la cui restituzione deve essere richiesta al soggetto che ha emesso fattura.

In conclusione, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate:

“il mero possesso della fattura non legittima il diritto a detrazione dell’IVA ivi indicata, che deve essere coerente con l’operazione sottostante, con la conseguenza che il committente non è legittimato a portare in detrazione l’IVA indebitamente fatturata laddove non sussista corrispondenza tra rappresentazione cartolare e reale operazione economica, ovvero tale corrispondenza non sia ripristinata con la procedura di variazione.”

Le regole valgono anche quanto non è più possibile il ripristino perché è decorso un anno dalla data di emissione della fattura o per le disposizioni dell’articolo 26 del decreto IVA, in caso di sopravvenuto accordo tra le parti.

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