Lo stop al reddito di cittadinanza tra requisiti stretti e opportunità di lavoro mancate: il presidio all’INPS

Rosy D’Elia - Leggi e prassi

Si concretizza, oggi, 1° agosto lo stop sui pagamenti del reddito di cittadinanza: tra la stretta dei requisiti e il mancato accompagnamento al lavoro, però, c'è una fetta di cittadinanza che fatica a fare la spesa e resta fuori da ogni sostegno. Sotto la sede INPS di Roma, in via Nizza, il presidio per chiedere soluzioni

Lo stop al reddito di cittadinanza tra requisiti stretti e opportunità di lavoro mancate: il presidio all'INPS

Lo stop ai pagamenti del reddito di cittadinanza non arriva come un fulmine a ciel sereno. Il percorso verso l’abolizione è stato tracciato dalla Legge di Bilancio 2023 entrata in vigore il 1° gennaio, ma il passaggio tra le vecchie e le nuove misure è tutt’altro che chiaro e indolore.

Tra la stretta sui requisiti e il mancato accompagnamento al lavoro, a pagare il prezzo delle decisioni politiche è una fetta di cittadinanza che non rispetta le condizioni per continuare a beneficiare dei sostegni ma che fatica a fare la spesa e a trovare un’occupazione.

È questo il quadro che emerge dalle parole raccolte tra la gente, ex percettori e sostenitori della causa, al presidio organizzato presso la sede romana dell’INPS, in via Nizza, il 1° agosto, data che segna la fine degli aiuti per 169 mila nuclei familiari in tutta Italia.

Reddito di cittadinanza verso la fine tra la stretta sui requisiti e il mancato accompagnamento al lavoro

L’annuncio dello stop ai pagamenti del reddito di cittadinanza è arrivato dall’INPS, tramite SMS, ai cittadini e alle cittadine che, dopo i primi 7 mesi dell’anno, non rientrano nella platea di soggetti tutelati in questo passaggio di consegne tra RdC e assegno di inclusione.

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Continueranno a ricevere gli assegni, infatti, solo le famiglie con componenti che rientrano nelle seguenti categorie:

  • minori;
  • disabili;
  • persone con più di 60 anni.

In tutti gli altri casi l’importo della carta RdC da agosto resta a zero. A salvare dalla sospensione degli aiuti è solo l’eventuale presa in carico dei servizi sociali, che può concretizzarsi nel caso in cui i nuclei familiari non siano nelle condizioni di potersi attivare per il lavoro, ma resta comunque una ipotesi.

“Le disposizioni transitorie prevedono che, per alcuni nuclei familiari non attivabili al lavoro (e comunque non oltre il 31 ottobre) possa pervenire una comunicazione di presa in carico da parte dei servizi sociali.

Per questi nuclei presi in carico dai servizi sociali la fruizione del reddito di cittadinanza potrà proseguire, senza il limite delle sette mensilità e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2023”.

Si legge nel comunicato stampa diffuso dall’INPS il 31 luglio per fare chiarezza dopo le prime proteste sullo stop al reddito di cittadinanza.

Ma il paradosso è che la presa in carico dei servizi sociali viene relegata al campo dell’eventualità. Che cosa vuol dire? A parità di condizioni c’è chi continuerà a ricevere il reddito di cittadinanza e chi resterà senza alcun tipo di sostegno.

Stop al reddito di cittadinanza: il presidio alla sede INPS di Roma

Il sistema dei servizi sociali non è pronto e il rischio è che, da territorio a territorio, sarà in grado di dare risposte diverse, creando disparità sostanziali tra cittadini e cittadine che vivono la stessa condizione di disagio.

Ne sono un esempio Ida e Massimo che hanno partecipato al presidio organizzato dalla campagna Ci vuole un reddito il 1° agosto sotto la sede INPS di via Nizza a Roma proprio per protestare contro la sospensione.

Massimo ha 52 anni, non ha ancora superato il limite di età che garantisce il sostegno economico ma non ha ricevuto la notizia della sospensione perché nei mesi scorsi è stato contattato dagli assistenti sociali in quanto risultava residente a via modesta valenti, l’indirizzo anagrafico convenzionale dei cittadini e delle cittadine senza dimora.

“Sono qui per sostenere gli altri, domani potrebbe essere il mio turno e di tante persone che ne hanno veramente bisogno.

Per me è stato di grande aiuto perché vivevo già un disagio abitativo, con il reddito sono riuscito almeno a mangiare, per qualcuno è diventato un lusso mangiare. E spesso con qualcosina riuscivo anche ad aiutare chi sta peggio di me”.

Al contrario Ida, 58 anni, che ha presentato domanda di invalidità ad aprile 2021 all’INPS e resta ancora in attesa di risposta ha ricevuto dallo stesso Istituto il messaggio di sospensione dei pagamenti del reddito di cittadinanza.

Dopo 32 anni nella stessa casa è arrivato lo sfratto, l’affitto a 950 euro era insostenibile.

La morte di un figlio e un lungo periodo di malattia l’hanno portata a perdere il lavoro: “sono laureata in psicologa infantile, ho lavorato alla Caritas e come mediatrice culturale”, tiene a specificare. Il reddito di cittadinanza, 500 euro al mese, e l’alloggio in uno stabile occupato sono stati la sua salvezza negli ultimi anni.

È difficile fare una valutazione effettiva delle condizioni di Ida e Massimo sulla base delle storie che raccontano, ma in entrambi i casi sembrano persistere i presupposti per garantire un sostegno economico. Di fatto l’epilogo per loro è diverso.

Verso la fine del reddito di cittadinanza, le promesse sul lavoro non mantenute

C’è un punto rilevante, però, che questa volta li accomuna: il percorso di accompagnamento al lavoro previsto per chi percepisce il reddito di cittadinanza per entrambi non è mai cominciato.

Nessuna comunicazione con i centri per l’impiego? Nessun contatto con i navigator? Niente, assicurano.

D’altronde la fase due del reddito di cittadinanza, che pure ha richiesto sforzi di risorse e di burocrazia, non è mai decollata e la promessa del lavoro non si è concretizzata.

La stessa Corte dei Conti ha sottolineato che l’investimento sui navigator è stata una spesa senza ritorno. E, da sempre, mancano dati sufficienti per ricostruire quanti sono i cittadini e le cittadine che effettivamente hanno trovato lavoro grazie alla stipula dei Patti per il Lavoro e dei Centri per l’impiego.

Nell’ultimo report ANPAL pubblicato a marzo 2023, al 31 dicembre 2022, 335mila persone, pari al 46,2 per cento dei soggetti tenuti alla stipula di un Patto per il lavoro erano stati presi in carico dai servizi per il lavoro.

Aver firmato il patto non vuol dire aver trovato un’opportunità lavorativa. Ma ai fini della sospensione aver seguito tutta la procedura prevista per il reinserimento lavorativo senza, però, ricevere offerte di lavoro non conta. Anche in questo caso l’INPS ha inviato il messaggio di stop ai pagamenti.

“L’ipotesi della presa in carico non riguarda i nuclei familiari i cui componenti sono stati avviati ai Centri per l’Impiego e per i quali non è risultato necessario il rinvio ai servizi sociali.

Per questi, e per coloro che non risulteranno presi in carico dai servizi sociali, dal primo settembre 2023 sarà possibile accedere alla nuova misura del Supporto per la Formazione e per il Lavoro”.

Spiega sempre l’Istituto.

Verso la fine del reddito di cittadinanza: percettori ed ex percettori esclusi anche dalla carta risparmio spesa

La sospensione degli aiuti economici interessa solo a Roma più di 175 mila persone. Sotto la sede INPS di Roma, martedì 1° agosto 2023, i partecipanti al presidio non sono tantissimi e molti di coloro che hanno ricevuto il messaggio di sospensione non vogliono parlare. Tanti sono scesi in strada per capire qualcosa di più perché il futuro non è chiaro.

Mentre gli organizzatori del presidio, i rappresentanti della campagna Ci vuole un reddito, toccano temi più politici, dalla guerra alla filiera agroalimentare ecosostenibile, i percettori o gli ex percettori del reddito di cittadinanza pongono l’accento su una preoccupazione comune e concreta: continuare ad avere un sostegno, almeno per fare la spesa.

Nel frattempo il caro prezzi colpisce in maniera particolare il settore alimentare e le file delle realtà territoriali che distribuiscono pacchi alimentari, come Nonna Roma, presente al presidio, crescono sempre di più. “Nelle ultime settimane ci sono sempre più richieste”, dicono i volontari.

Problemi e soluzioni, però, viaggiano a due velocità diverse. La Legge di Bilancio, infatti, ha introdotto la misura del reddito alimentare, che prevede proprio la distribuzioni di pacchi di beni di prima necessità in città metropolitane come Roma: il decreto attuativo è stato firmato il 30 maggio, quasi tre mesi dopo il termine previsto dalla norma.

La carta risparmio spesa destinata alle famiglie con un ISEE fino a 15.000 euro, prevista sempre dalla Legge di Bilancio 2023, sta prendendo vita in queste settimane e lascia fuori i percettori del reddito di cittadinanza, senza alcuna eccezione per coloro che sono interessati dalla sospensione.

Sul marciapiede di via Nizza numero 156, a Roma, non si difende il reddito di cittadinanza di cui emergono fino alla fine i limiti evidenti già dal debutto, ma si condannano tempi, modi e soluzioni adottate in questa fase di passaggio: annunciate, sì, ma anche drastiche e poco lineari.

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