Non si può accedere alla nuova definizione agevolata delle controversie pendenti nel caso di decadenza da una precedente. L'Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulla misura stabilita dalla Legge di Bilancio 2023, nell'ambito della Tregua fiscale
Nel caso in cui un contribuente sia rientrato in un precedente piano di definizione agevolata delle somme relative ad avvisi di accertamento, la decadenza non permette di avere accesso alla nuova definizione agevolata prevista nell’ambito della Tregua fiscale.
Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello numero 305 del 24 aprile 2023.
Per l’accesso all’agevolazione prevista per le controversie pendenti al 1° gennaio 2023, data di entrata in vigore della Legge di Bilancio, gli atti di accertamento devono essere impugnati.
Nel caso di decadenza da una precedente definizione agevolata, inoltre, si ripristina il debito originario a titolo di sanzioni, che non possono essere considerate parte del valore della lite in quanto la scelta di accedere alla precedente definizione agevolata fa uscire le somme dal giudizio.
La nuova definizione agevolata è limitata alla sola “materia del contendere.”
Controversie pendenti, i requisiti per l’accesso alla definizione agevolata
Con la risposta all’interpello numero 305 del 24 aprile 2023, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito all’accesso alla definizione agevolata nel caso di controversie pendenti.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 305 del 24 aprile 2023
- Definizione agevolata delle controversie tributarie - Articolo 6 e articolo 7, comma 2 lettera b) e comma 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136.
Lo spunto relativo alle misure che rientrano nell’ambito della Tregua fiscale, approvate con la Legge di Bilancio 2023, viene fornito dall’istate.
Il soggetto spiega di aver ricevuto sei avvisi di accertamento e di aver avuto accesso ad una precedente misura di definizione agevolata.
Lo stesso intende sapere se si possa avere accesso alla nuova misura di definizione per le controversie pendenti, anche nei casi in cui si sia scelta la strada della definizione, stabilita dall’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Nel fornire i chiarimenti del caso l’Agenzia delle Entrate richiama il quadro normativo di riferimento e i principali documenti di prassi a riguardo.
La possibilità di accedere alla definizione agevolata è stabilita dall’articolo 1, comma 186, della legge n. 197 del 2022 e si riferisce alle controversie in cui sono parte l’Agenzia delle Entrate o l’Agenzia delle Entrate riscossione. Il concetto di “parte” deve essere considerato in senso formale.
La definizione agevolata permette di pagare il valore della controversia, ovvero l’importo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni dell’atto impugnato.
L’impugnazione dell’atto è uno dei requisiti necessari per far rientrare le somme nella misura della Tregua fiscale.
Come chiarito nella circolare numero 2 del 27 gennaio 2023, sono considerate pendenti:
- le controversie per le quali alla data del 1° gennaio 2023 sia stato proposto l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, non definite alla data di presentazione della domanda di definizione;
- in particolare si deve far riferimento alla data in cui il ricorso introduttivo è stato notificato all’ufficio, non a quella della costituzione in giudizio;
- le controversie interessate da una pronuncia in primo o in secondo grado i cui termini di impugnazione non siano ancora scaduti alla data del 1° gennaio 2023;
- le liti pendenti davanti al giudice del rinvio e quelle per le quali siano ancora in corso i termini per la riassunzione alla data del 1° gennaio 2023.
In tali casi si deve presentare domanda entro il 30 settembre prossimo, termine prorogato con il decreto Bollette 2023.
Controversie pendenti, la decadenza da una precedente definizione agevolata non permette l’accesso alla nuova
Come specificato nella circolare precedentemente citata, la numero 2 del 2023, nel calcolo per la determinazione del valore della controversia devono essere esclusi gli importi che non sono oggetto della materia del contendere.
Le modalità di attuazione della misura sono state stabilite con il provvedimento dello scorso 1° febbraio 2023.
Come già anticipato, non possono rientrare nella definizione agevolata gli atti di accertamento che non sono stati impugnati.
La nuova misura approvata con la Legge di Bilancio 2023 riprende alcune regole dei precedenti interventi.
Sono dunque attuali i chiarimenti della precedente circolare numero 6 del 1° aprile 2019. L’importo deve essere pagato al netto delle somme già versate prima della presentazione di domanda di definizione.
Tra gli altri chiarimenti del documento citato, l’Agenzia delle Entrate ha messo in evidenza che:
“non possono essere scomputati gli importi versati per definire in via agevolata le sanzioni ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472 del 1997, atteso che le stesse, in quanto già definite, non sono mai state in contestazione.”
Nella parte finale della risposta all’interpello l’Agenzia delle Entrate affronta nello specifico il caso descritto dall’istante, il quale intendere sospendere i pagamenti di un precedente piano di definizione agevolata per accedere alla nuova.
Per quanto riguarda il precedente piano, il mancato pagamento di una sola rata da parte del debitore porta alla decadenza dall’agevolazione. Il soggetto sarà quindi tenuto a versare il debito residuo entro 30 giorni.
Il ripristino del debito originario a titolo di sanzioni, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, non permette il ripristino delle condizioni precedente alla definizione.
Come spiegato dall’Agenzia delle Entrate:
“La scelta effettuata dalla società, al momento della notifica degli atti impositivi, di definire le sanzioni ai sensi del citato articolo 17, attraverso la rinuncia all’impugnazione, infatti, rende le sanzioni estranee al giudizio e, di conseguenza, escluse dall’ambito di applicazione dell’istituto definitorio.”
Viene inoltre esclusa la possibilità di richiedere le somme già pagate, a prescindere dall’esito del processo, dal momento che si considera chiuso il rapporto tra Fisco e contribuente.
In conclusione l’Agenzia delle Entrate chiarisce che:
“La materia del contendere si limita quindi alla maggiore IVA accertata e alle conseguenti riprese dei relativi costi ai fini IRES e IRAP.”
Le somme che rientrano nella “materia del contendere” sono le uniche che possono permettere l’accesso alla definizione agevolata delle controversie tributarie.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Controversie pendenti, la decadenza da una precedente definizione agevolata non dà accesso alla nuova