L’inserimento della fideiussione a garanzia del pagamento dei canoni d’affitto in un contratto è una richiesta non rara, soprattutto nel caso di locazioni a studenti o lavoratori che, al momento della stipula della locazione, sono disoccupati o precari.
Una delle domande più frequenti è se la registrazione della fideiussione in un contratto a cedolare secca sia o meno sottoposto a tassazione e sono in tanti a credere che la risposta sia affermativa.
Tuttavia è bene chiarire che non è così.
Sebbene la legge preveda in via generale l’obbligo di pagamento di imposta di bollo e di registro per la registrazione del contratto di fideiussione (Dpr 131/86), il decreto legge n. 16 del 2 marzo 2012 ha introdotto uno specifico esonero proprio per le fideiussioni inserite nei contratti di locazione a cedolare secca.
Non si paga per l’inserimento di una fideiussione nel contratto di affitto a cedolare secca.
A stabilirlo è l’articolo 1 bis del DL n. 16 del 2 marzo 2012, che in aggiunta a quanto previsto dall’articolo 3, comma 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, stabilisce:
“Sui contratti di locazione aventi a oggetto immobili ad uso abitativo, qualora assoggettati alla cedolare secca di cui al presente comma, alla fideiussione prestata per il conduttore non si applicano le imposte di registro e di bollo.”
La ratio della norma è chiara: il canone di locazione per contratti di immobili ad uso abitativo può essere assoggettato in via opzionale alla cedolare secca, imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali nonché delle imposte di registro e di bollo sui contratti di locazione.
La cedolare secca al 21 per cento o al 10 per cento sostituisce le imposte di bollo e di registro anche sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di affitto.
Allo stesso modo, quindi, la cedolare secca sostituisce anche l’imposta di bollo e di registro dovuta in caso di inserimento di un garante nel contratto.
A tal proposito si ricorda che la registrazione di un contratto di fideiussione comporta il pagamento di un’imposta pari allo 0,5 per cento dell’importo garantito; per i contratti di locazione, qualora non assoggettati al regime fiscale agevolato della cedolare secca, l’imposta si calcola moltiplicando l’aliquota per la durata del contratto, fatta esclusione delle proroghe.
L’esonero dal versamento di imposta di bollo e di registro per la registrazione di un contratto a cedolare secca è soltanto uno dei vantaggi previsti dal regime fiscale sostitutivo IRPEF sulle locazioni.
Il proprietario di casa può, nel caso di affitto del proprio immobile, scegliere di applicare la cedolare secca nel rispetto di determinate regole e requisiti; si tratta di un regime di tassazione facoltativo introdotto in favore di persone fisiche, titolari di reddito di proprietà o di diritto reale di godimento di un immobile dato in affitto.
La possibilità di beneficiare della cedolare secca è esclusa nel caso in cui l’affitto sia stipulato ai fini dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni.
Applicando la tassazione a cedolare secca e quindi l’aliquota agevolata del 10 per cento o del 21 per cento sul reddito da locazione, il locatore sceglie di sostituire la tassazione ad aliquota variabile IRPEF, addizionali, imposta di registro e imposta di bollo con l’applicazione di un’imposta sostitutiva.
Soprattutto per quanto riguarda la cedolare secca 10 per cento è innegabile che per i contratti a canone concordato, ovvero non soggetto a rivalutazioni ISTAT e fisso per tutta la durata del contratto di affitto, si tratta di un’opzione conveniente.
Al contrario, la cedolare secca 21 per cento potrebbe rivelarsi non sempre vantaggiosa ed è necessario partire considerando il reddito del contribuente.
Infatti, bisogna ricordare che sotto ad una certa soglia (fissata ad 8.125 euro) non sono dovute imposte.
In tal caso conviene quindi restare nel regime di tassazione IRPEF, in quanto l’adesione alla cedolare secca non prevede delle soglie di esenzione ed il pagamento sarà in ogni caso dovuto.
Collegandoci a quanto sopra, appare quindi immediato constatare che la cedolare secca conviene in misura maggiore ai contribuenti con redditi elevati che, invece di rischiare di passare ad uno scaglione IRPEF superiore (e quindi applicare un’aliquota più elevata sul reddito complessivo) cumulando il reddito fondiario ai redditi da lavoro, possono tassare la somma derivante dalla locazione con un’aliquota fissa.
Anche in questo caso c’è un però: sul reddito assoggettato a cedolare e sulla cedolare stessa non possono essere fatti valere oneri deducibili e detrazioni.