Come risparmiare sulle tasse? Ecco la risposta dei professionisti

Francesco Oliva - Imposte

Ecco come risparmiare sulle tasse rispettando le regole e senza segreti o trucchi. I commercialisti contro le false promesse degli imbonitori dell'ultim'ora.

Come risparmiare sulle tasse? Ecco la risposta dei professionisti

Risparmiare sulle tasse rappresenta il sogno di tutti i contribuenti, in particolar modo in un contesto come quello italiano caratterizzato da un elevatissimo livello di tassazione fiscale.

Ma come si può risparmiare in modo legale e senza rischiare di incorrere in omissioni o errori che potrebbero risultare infinitamente più pensanti di ciò che si sperava di risparmiare?

Un gruppo di seri professionisti iscritti all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili si è preso l’impegno di rispondere a queste domande. Il risultato? Il manuale che viene distribuito gratuitamente in questi giorni vuole essere una critica ragionata agli imbonitori fiscali dell’ultim’ora.

Il manuale si apre con la prefazione del Professor Alessandro Giovannini ordinario di diritto tributario presso l’Università degli Studi di Siena.

Consigliamo ai nostri lettori, soprattutto imprenditori e lavoratori autonomi, di dedicare un pò di tempo alla lettura del manuale. Qui potrete trovare tantissime risposte a quesiti di carattere fiscale, senza nessun segreto o formula magica.

Come risparmiare le tasse in modo giusto e legale

Ecco la prefazione del manuale dei commercialisti scritta dal Chiarissimo Professore Giovannini, ordinario di Diritto Tributario presso l’Università di Siena, che mette in guardia i contribuenti dal farsi ingannare dagli imbonitori fiscali dell’ultim’ora:

Dopo anni di ricerca e di studio, scopro che il fisco è come il baule di Harry Houdini: un palco ben illuminato, qualche soubrettes ed un buon trucco spacciato per magia, e la fuga è servita. Spiego meglio quel che intendo dire, muovendo dal recente interesse mediatico attorno al fenomeno dell’escapologia fiscale e chiarendo subito che il mio non è un discorso sulle persone, ma, rubando le parole a Cartesio, è un discorso sul metodo.

Di tributi si parla ovunque e ovunque vi è chi detta ricette per diminuire la pressione fiscale, risanare i conti pubblici, incentivare gli investimenti, favorire la nascita di figli o il fiorire di matrimoni. Di fisco e politica tributaria si parla in TV, sul web, alla radio, al bar, in taxi, negli spogliatoi delle palestre. Siamo tutti tributaristi, insomma, come tutti siamo allenatori della squadra del cuore o della nazionale di calcio.
Fin qui è costume, sfogo individuale o collettivo e non vi è perciò da turbarsi o da scandalizzarsi. Non solo quelle lamentazioni sono legittime, ma sono anche naturali perché denunciano disagi percepiti come non più tollerabili. Ben vengano, dunque: sono lo sfiato della democrazia.

Del resto, sono ormai decenni che voci autorevoli denunciano, pur scontrandosi con il muro di gomma dell’inerzia legislativa, le storture del sistema e l’inaccettabilità della pressione fiscale sulle imprese, i lavoratori e, in genere, sui contribuenti onesti.
Questo stato di disagio, anzi, è ormai fatto proprio anche da alcune categorie professionali, ad iniziare da quella dei commercialisti, che in tempi recenti è scesa in piazza per chiedere una seria e profonda riforma tributaria e che si accinge ad ulteriori manifestazioni, davanti alla paralisi alla quale sembra costretto il sistema.
Lo sfogo contro il fisco, però, non può mai prescindere dalla considerazione della delicatezza che il prelievo tributario ha per lo stato e la collettività, né può prescindere dalla complessità tecnica delle questioni che di volta in volta vengono in considerazione e dalla responsabilità, anche penale, che le scelte di pianificazione del carico impositivo determinano in capo al singolo contribuente.
Per questo, se è utile che si continui a denunciare il disagio, è pericoloso che, per soddisfare smanie di pubblicità o business, si alimentino con spirito populistico proposte prive di adeguato approfondimento tecnico, che hanno solo la capacità di cavalcare l’ovvio, di prospettare soluzioni assai discutibili in punto di legittimità o solo suggestive.

Si badi: non voglio difendere i professionisti in modo precostituito, in quanto e solo perché iscritti ad un ordine. D’altro canto, la legge non riserva ad alcuna categoria professionale l’esclusiva della consulenza fiscale.
In questa prospettiva - lo ripeto - voglio piuttosto sottolineare come il fisco non sia paragonabile ai bauli di Houdini, dai quali ci si può divincolare con qualche trucco.
Per evitare che la pressione fiscale strozzi chi ne è colpito non basta suggerire soluzioni generiche, vendendole come buone per tutti e che tutti possano utilizzare, senza distinzione. Ci sono soluzioni che possono essere adottate legittimamente in un caso specifico, ma risultare del tutto improprie, se non anche illegittime, in casi pure apparentemente simili.
Adottarle senza cautela, perché senza cautela proposte, finisce per essere esercizio pericoloso. Ovviamente, non può essere sottovalutato il successo che accompagna, nel grande pubblico, iniziative editoriali che suggeriscono vie di fuga, trucchi o operazioni di ingegneria elusiva.

Può darsi che ad una porzione di quel pubblico non importi se dietro a quelle iniziative vi sono anni di studio, preparazione universitaria, esami di stato, corsi di aggiornamento o, invece, solo o prevalentemente calcolo mediatico, furbizia imprenditoriale o pubblicità ingannevole.
La “pancia” di molti contribuenti si accontenta di una risposta che soddisfi all’istante un bisogno pungente, come quello della fame: pagare meno imposte. E per questo sono disposti a seguire chiunque prometta mirabilie.
Chi ha responsabilità non può, tuttavia, alimentare questa sorta di “indigestione da fast food”, tipica, ormai, di molti settori della vita collettiva: dalla politica alla medicina, dal diritto all’ambiente, dall’economia all’alimentazione.
Si deve avere invece la pazienza di ascoltare la testa, piuttosto che la pancia, la competenza professionale, piuttosto che l’improvvisazione,l’approfondimento e lo sguardo di lungo periodo, piuttosto che l’ingordigia e la miopia del momento.
Ricordate le promesse fatte a Pinocchio dal Gatto e la Volpe? “Disse la volpe: i tuoi cinque zecchini, dall’oggi al domani sarebbero diventati duemila. - Duemila! - ripeté il Gatto. - Ma com’è mai possibile che diventino tanti? - domandò Pinocchio. - Te lo spiego subito - disse la Volpe. - Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto, chiamato il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro uno zecchino d’oro. Poi ricopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto … e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno. Oh che bella cosa! - gridò Pinocchio, ballando dall’allegrezza”.
Già, il paese dei Barbagianni!
Carlo Lorenzini, in arte Collodi, era un romanziere e scrisse «Le avventure di Pinocchio» nel lontano 1883. Il paese dei Barbagianni è dunque pura invenzione, figlio di un’antica penna fantasiosa. Lasciamolo, allora, nel cassetto delle fiabe
.”

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